L’UE come un gambero. Ritorno al 1848

Se si avvertono i segni di sgretolamento della globalizzazione, non altrettanto si può dire, almeno per ora, dell’Agenda 2030, che ha l’Europa al centro delle sue attenzioni. È disgustosa l’insistenza con cui Bruxelles si accanisce per regolare la vita di mezzo miliardo di persone.

C’è una grande analogia tra quanto accade oggi nel Vecchio continente e le insurrezioni popolari del 1848. Trent’anni dopo la restaurazione del Congresso di Vienna (1815) tutti i popoli europei insorsero contro i regimi assolutisti, esclusi Gran Bretagna, che aveva avviato riforme e Russia, che non aveva classi in grado di ribellarsi.

Di fatto i nostri lontani trisavoli chiedevano norme (una costituzione) che garantissero a loro la libertà di agire per migliorare le condizioni di vita per sé e per le proprie famiglie. Ritenevano ingiusto, oltre che insopportabile, che gli apparati elitari – costruiti ad hoc dalle monarchie per perpetrare il proprio potere –, li opprimessero.

Che cosa sono i lacci e i laccioli che l’Ue sta imponendo su salute, mobilità, stili di vita, costumi, usanze e persino ancestrali tradizioni? Perché attaccare il diritto di proprietà? A che scopo intervenire nelle nubi per manipolare il clima? “Cui prodest” tutto ciò?

Agli europei e agli italiani in particolare s’impongono regole restrittive sull’uso dell’automobile, del denaro circolante, dei fertilizzanti a beneficio delle produzioni agricole e, dall’altro ieri, su un bene primario come la casa d’abitazione con presunti utili vincoli di “messa a norma”.

Insomma è evidente che i vertici di questa Europa (leggi Commissione con la complicità di quei parlamentari che li sostengono) non stanno facendo il bene dei loro amministrati, ma gli interessi di altri che, guarda caso, sono coloro che li hanno aiutati a sedersi su quegli scranni.

Come mai Ursula von der Leyen, il primo ministro canadese Trudeau, Mario Draghi, il presidente francese Macron, il direttore generale dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) Ghebreyesus non mancano mai alle riunioni del Forum economico mondiale di Davos?

Questi leader guidano progetti politici che, completato il reset, portano al transumanesimo, obiettivo annunciato a Davos da Klaus Schwab e tanto caro a Bill Gates.

In altre parole c’è chi lavora per consentire ad una ristretta oligarchia di “eletti” di controllare miliardi di persone.

Possibile che ciò avvenga? Ma non scherziamo; chi lo immaginasse o sostenesse è un complottista, un terrapiattista, un divulgatore di fake news. Può essere.

Il 15 Marzo 2020 però a Davos si presentava la “Piattaforma di rivoluzione della riqualificazione” in cui si spiegava che «il 42% delle competenze centrali per lo svolgimento delle professioni sono destinate a cambiare entro il 2030 e un miliardo di lavoratori necessiterà di un reskilling, cioè di un adeguamento e di uno sviluppo delle proprie capacità». Su poco più di tre miliardi di occupati ciò significa che il 30 per cento delle persone sarà investito da tale processo. «Non ci sarà solo trasformazione», aggiunge il documento. «Infatti, a livello globale, 75 milioni di lavoratori rischiano di vedersi sostituiti dall’automazione e dalle trasformazioni digitali». Allo stesso tempo, però, si affrettano a tranquillizzare i davosiani «si creerà spazio per 133 milioni di nuovi occupati». Ma c’è qualcuno che lo crede?

L’importante però è che non s’interrompa la strada intrapresa per giungere al più presto al controllo dei popoli. Da qui la perdita di sovranità a cominciare dalle nazioni europee, il contestuale impoverimento economico dei singoli, la diffusione del pensiero unico e soprattutto l’annichilimento delle coscienze.

La demoniaca agenda 2023 non ha ancora fatto i conti con gli spiriti informati dalla Trascendenza. Non praevalebunt: le porte degli Inferi non prevarranno.

didascalia: da Ministero Difesa

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