Trump e XI al telefono per una difficile distensione

Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College – Il Presidente Americano Donald Trump e il suo omologo della Cina Popolare Xi Jinping hanno organizzato una telefonata di 90 minuti questa settimana, la stessa potrebbe (il condizionale e d’obbligo visti i profili dei due capi di stato) segnare una svolta nelle tensioni commerciali in corso tra Stati Uniti e Cina Popolare.

“Abbiamo avuto un’ottima conversazione”, ha dichiarato Trump giovedì, esprimendo ottimismo sulla guerra commerciale con la Cina Popolare, che ha visto un’escalation di dazi e negoziati. Trump ha affermato che i due leader si sono scambiati inviti per visite ufficiali, e che il Presidente intende accettare l’offerta della Cina Popolare. “Mi ha invitato a Pechino ed io l’ho invitato qui”. Abbiamo accettato entrambi, quindi andrò lì con la First Lady e lui verrà qui, si spera, con la First Lady”, ha detto ai giornalisti nello Studio Ovale giovedì scorso.

Prima di queste visite, i team commerciali di entrambe le nazioni s’incontreranno nuovamente per negoziare un accordo. Ad aprile, gli Stati Uniti hanno aumentato i dazi al 145% sui prodotti cinesi, spingendo la Cina Popolare a rispondere con dazi del 125%. Una tregua temporanea ha portato a una sospensione di 90 giorni di queste tariffe e si prevedono nuovi colloqui.

“C’era un chiaro mandato e un’intesa tra i due presidenti e ci aspettiamo che l’incontro (decisionale) si svolga entro sette giorni”, ha dichiarato Peter Navarro, Consigliere Senior per il Commercio e la Produzione della Casa Bianca. Secondo Trump, il colloquio telefonico si è concentrato principalmente sugli aspetti commerciali.

Tuttavia, una versione dei colloqui resa nota da Pechino includeva un avvertimento da parte di Xi di gestire la questione dell’indipendenza della Repubblica di Cina-Taiwan con “prudenza” per evitare conflitti. Inoltre, la conversazione ha toccato il tema degli studenti cinesi negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato ha recentemente annunciato l’intenzione di revocare (forse troppo aggressivamente) i visti per gli studenti cinesi in settori critici e per coloro che hanno legami con il Partito Comunista cinese, con una repressione che ha irritato i funzionari di Pechino. La versione cinese indicava che l’argomento era stato sollevato tra i due leader mondiali e che gli studenti sarebbero stati benvenuti negli Stati Uniti. “Gli studenti cinesi arriveranno, nessun problema. Vogliamo avere studenti stranieri, ma vogliamo che siano controllati”, ha detto Trump giovedì scorso.

Trump aveva già visitato la Cina nel 2017 durante il suo primo mandato e incontrò Xi durante una cena di Stato ufficiale a Pechino.

La parte del colloquio in cui Xi chiede prudenza” per la politica USA sul futuro di Taiwan lascia una notevole incertezza e molti analisti vedrebbero l’approccio della Cina Popolare come un “non escludere” una potenziale invasione armata dell’Isola governata democraticamente (cosa che infastidisce non poco il governo comunista di Pechino) .

Tale visione appare importante perché sembrerebbe che alcuni funzionari statunitensi abbiano da tempo indicato il 2027 come anno in cui Xi Jinping sarebbe stato pronto ad aggredire militarmente Taiwan. Questa intenzione aggressiva traspare anche da una dichiarazione dello stesso XI nella quale ha citato gli obiettivi di modernizzazione militare legati al 100° anniversario dell’Esercito Popolare di Liberazione.

Il Presidente americano Trump, pur riconoscendo che una futura invasione cinese sarebbe “catastrofica”, fino ad ora è stato volutamente poco chiaro sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero difeso Taiwan in un simile scenario.

“Non commento mai su questo”, ha detto Trump, quando interrogato dai giornalisti, nell’occasione in cui gli è stato chiesto quali fossero i suoi piani nel caso in cui la Cina Popolare avesse aggredito e occupato Taiwan con le armi.

“Non voglio commentare perché non voglio mai mettermi in quella posizione” sembrerebbe sia stata la risposta di Trump.

A guidare dalle notizie che arrivano da Taiwan nelle ultime settimane, sembrerebbe che Pechino abbia intensificato i suoi attacchi/sconfinamenti intorno a Taiwan, promettendo di “promuovere fermamente la causa della riunificazione della Cina” e aumentare la spesa per la difesa del 7,2%.

La legge anti-secessione cinese, autorizza esplicitamente l’uso della forza militare qualora Taiwan dichiarasse l’indipendenza o se la “riunificazione” pacifica diventasse impossibile.

Da sottolineare, che da Pechino è giunta la non velata minaccia di Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del governo della Cina Popolare, che ha commentato l’annuncio in cui il Presidente taiwanese William Lai ha reso noto che intende aumentare il “budget della difesa” del suo paese a oltre il 3% del Pil.

“Che si tratti del 3% o anche del 10% del Pil, l’aumento della spesa militare non proteggerà Taiwan che, al contrario, si trasformerà in una “polveriera”.

Qualora la visita di Trump in Cina Popolare sia confermata, la questione “Repubblica di Cina –Taiwan” sarà sicuramente in agenda e l’importanza appare massima!

didascalia: Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College

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