Omelia del Cardinale Cantoni per il Venerdì Santo a Como


Dopo la Processione per alcune vie di Como, il Vescovo, cardinale Oscar Cantoni, presiede, alle ore 18.00, la solenne azione liturgica nella memoria della Passione del Venerdì Santo. La celebrazione è composta da queste parti: Liturgia della Parola, durante la quale si legge la Passione del Signore secondo il vangelo di Giovanni; preghiera universale; adorazione della Croce; comunione con il Pane Eucaristico consacrato durante la messa del Giovedì Santo.


Alla luce della passione del Signore, narrata dal vangelo secondo Giovanni, siamo esortati a riconoscere ed esaltare la morte in croce del Signore come il luogo massimo della sua manifestazione gloriosa e insieme ad onorarla quale strumento attraverso cui risplende la gloria di Dio padre, il suo amore infinito per ogni uomo.

San Cirillo di Gerusalemme, in una sua omelia, denomina la croce del Signore come “la gloria delle glorie“. Essa è il pieno compimento di un’esistenza, quella di Gesù, vissuta totalmente nell’amore, nell’obbedienza e nella libertà filiale, esito di una vita di piena fiducia nei confronti di Dio Padre e di totale solidarietà con gli uomini, suoi fratelli.

La croce diventa allora il vessillo di salvezza attraverso cui Cristo Signore attira continuamente a sé tutti gli uomini e li salva, come prefigurativamente il serpente di bronzo, issato in alto da Mosè nel deserto, liberava i figli di Israele da morte sicura. Ora la croce, continuamente attualizzata nella celebrazione eucaristica, è il punto di attrazione perché anche tutti gli uomini di oggi siano salvati e godano la piena libertà dei figli di Dio, sperimentino la comunione intima e filiale con lui, possano vivere da riconciliati tra i fratelli.

In una mentalità mondana, che si conferma di secolo in secolo, la croce non è certo ritenuta segno di salvezza e di vittoria. Già gli Ebrei e poi i Greci, come ci riferisce s. Paolo, hanno definito la croce del Signore una semplice follia e una vera stoltezza, dal momento che la sapienza umana fonda la grandezza dell’uomo sul potere, sull’avere, sull’ affermazione del più forte sul più debole, mediante la violenza e la superbia.

Come sappiamo, Cristo stesso, divenuto uno di noi, nella sua piena umanità, ha più volte ricevuto l’invito dai suoi conterranei a manifestarsi decisamente quale vincitore supremo attraverso un messianismo combattivo, fondato sulla crudeltà e sulla violenza. Ed è ancora la medesima logica umana che continua a insistere, anche ai nostri giorni, sull’uso del potere e della forza come mezzo di affermazione, che distrugge e annienta il nemico.

In totale fiducia e in piena obbedienza al Padre celeste, Cristo Gesù ha scelto invece di testimoniare fino alla fine l’amore infinito di Dio, un Dio che si dona, accettando di amare umilmente fino alla fine, così che attraverso il mistero della debolezza di Dio viene esaltata la sua onnipotenza.

Ecco la grandezza e l’originalità del nostro Dio! Il potere di Cristo è il potere dell’amore.

Per “follia d’amore” colui che è la vita in pienezza diventa per noi la vita al cuore della morte. Ci insegna che la vera grandezza non è nel dominare, ma nel servire, nello stare accanto, nel condividere. Il potere di Cristo si esprime proprio come servizio.

Si dice che il santo vescovo Martino di Tours, abbia riconosciuto uno scaltro travestimento del demonio, quando gli si presentò nelle forme di Cristo. Tuttavia, s. Martino seppe immediatamente individuare il tranello perché Cristo era rappresentato al vivo, ma privo delle sue ferite. Ancora oggi, Cristo viene a noi e mostra dalla croce gloriosa le sue ferite per donarci il coraggio di riconoscere le nostre ferite, quelle che spesso, per orgoglio, teniamo nascoste agli altri e spesso a noi stessi, soprattutto quelle che abbiamo inferto agli altri e che rimangono ancora aperte.

Il Cristo ferito sulla croce ci insegna di nuovo a considerare con attenzione le ferite del mondo e nello stesso tempo a lasciarci ferire da esse. Non possiamo presentare a Dio le ferite del prossimo se noi evitiamo abilmente di solidarizzare con quanti oggi sono di nuovo feriti nel corpo e nello spirito, se non ci lasciamo inquietare da quelle ferite e nemmeno scuoterci dalla nostra indifferenza.

Ed è per quello che è necessario contemplare Cristo crocifisso: per conoscere l’amore di Dio per tutta l’umanità ferita. Diventeremo come Lui capaci di tornare alla verità di noi stessi, ci decideremo a uscire dalle catene del nostro individualismo per aprirci con generosità alla cura premurosa di chi si trova nel bisogno e nella afflizione, nella solitudine e nelle prove. Diventeremo così un riflesso dell’amore di Dio, misericordioso, aperto e solidale con tutti. Oscar card. CANTONI

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