Nella Santa Messa del Crisma celebrata oggi, Giovedì Santo 17 aprile, in Cattedrale a Como, i quasi 200 presbiteri e la ventina di diaconi presenti alla celebrazione hanno rinnovato pubblicamente le loro promesse di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Alla liturgia erano presenti centinaia di adolescenti delle parrocchie della Diocesi (in particolare cresimandi e cresimati). Nel corso della celebrazione sono stati benedetti:
l’olio dei catecumeni che servirà per l’unzione dei bambini e degli adulti che celebrano il battesimo;
l’olio degli infermi con il quale si ungeranno gli ammalati;
il sacro Crisma (olio misto a preziose fragranze profumate, alcune provenienti dalla diocesi di Locri, dalla Terra Santa e da alcuni monasteri) con il quale si ungeranno i battezzati, i cresimati, i nuovi sacerdoti, i nuovi altari e le nuove chiese.
A conclusione della celebrazione, i Santi Olii sono stati consegnati ad alcuni sacerdoti in rappresentanza dei diversi territori che compongono la vasta diocesi di Como: monsignor Andrea Caelli, arciprete e vicario foraneo di Chiavenna (So); don Christian Bricola, arciprete e vicario foraneo di Sondrio; don Claudio Monti, parroco di Lanzo, Scaria, Ramponio e vicario foraneo della Valle Intelvi (provincia di Como); don Mario Ziviani, responsabile della comunità pastorale di Cugliate Fabiasco e vicario foraneo di Marchirolo, nelle Valli Varesine. I sacerdoti o i delegati hanno ritirato gli Olii Santi per le proprie parrocchie e comunità pastorali subito dopo la Messa crismale e potranno farlo, sempre in Cattedrale, per tutto il pomeriggio di oggi e fino alle ore 12.00 del Venerdì Santo. Gli Olii saranno presentati ai fedeli nelle celebrazioni vespertine della sera del Giovedì Santo, nei riti introduttivi della Messa in Coena Domini, che segna l’inizio del Triduo Pasquale.
Il Vescovo, cardinale Oscar Cantoni, nella Messa crismale del mattino, ha consegnato a tutti i presenti una propria pubblicazione, legata al tema della speranza cristiana, in questo Anno Giubilare. Nell’omelia ha condiviso una sintesi che pubblichiamo qui di seguito.
CUSTODI E TESSITORI DELLA SPERANZA CRISTIANA
“Gli occhi di tutti erano fissi su di Lui” (Lc 4,20)
Cari fratelli e sorelle, membri tutti del santo Popolo di Dio,
Benvenuti a questa celebrazione in questo Anno Giubilare, con la felice coincidenza della Pasqua comune a tutte le confessioni cristiane! Anche noi, nella nostra solenne, eppur famigliare e gioiosa atmosfera di questa liturgia crismale, siamo oggi chiamati a volgere i nostri sguardi sul Signore Gesù
Le radici degli occhi affondano nel cuore, così che “solo l’amore è capace di vedere” per poter conoscere ancora più a fondo il Signore Gesù e amarlo, confermando così la nostra sequela.
Fissiamo dunque lo sguardo con amore su Gesù e lasciamoci avvolgere dal profumo dell’olio del Crisma, che oggi viene benedetto. Esso diffonde ed espande ancora il suo intenso profumo di grazia, fino a rivestircene di nuovo, fino ad assorbirlo nel profondo di noi stessi. Come nel giorno del nostro Battesimo, poi nella Cresima, e infine, per noi presbiteri, nella Ordinazione, che ancora ci ammanta e continua a produrre i suoi frutti.
Vorrei riflettere, come è naturale in questo anno santo, sul tema della “speranza che non delude” (Rom 5,5) perché offre la certezza dell’amore di Dio, come ci ricorda papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo dell’anno 2025.
Attraverso tre interrogativi. 1. Dove nasce la speranza cristiana? 2. Viviamo il nostro ministero con la forza della speranza? 3. Chiamati ad essere custodi dei “segni di speranza” che avvertiamo all’interno delle nostre Comunità.
1.“La speranza non delude” Dove nasce la speranza cristiana?
La nostra speranza va ben oltre un semplice, umano ottimismo, non si fonda sul fragile auspicio, tanto comune nei tempi della pandemia, quando ricorreva l’adagio: “andrà tutto bene!”.
La nostra speranza nasce dalla memoria di ciò che Dio ha compiuto in noi, a cominciare dalla certezza che Egli ci ama per primo, è continuamente all’ opera attraverso di noi, agisce dentro il ministero pastorale di noi presbiteri e diaconi, delle persone consacrate, come attraverso il ministero sponsale, educativo o caritativo dei laici, nonostante la nostra comune, debole umanità e gli ostacoli che spesso si insinuano.
Siamo amati, siamo perdonati, quindi rinasciamo a vita nuova. Ci è stata mostrata misericordia, quindi siamo chiamati ad essere strumenti di misericordia: ecco il nostro comune compito!
La nostra speranza deriva, inoltre, dalla gioiosa consapevolezza che Gesù Cristo, crocifisso e risorto, ci ha chiamato alla sua sequela non per i nostri meriti, ma solo per una sua sovrabbondanza d’amore e attraverso di noi genera il fascino e l’appello per una nuova fraternità. Abbiamo la grazia di affermare che la risurrezione del Signore è gioia, è certezza, è speranza per tutti!
La nostra speranza si sviluppa, infine, attraverso la consolante promessa dello Spirito santo, che ci rende suoi servi operosi (nel campo pastorale, come negli altri ambiti) e continua ad effondere i molteplici frutti della Redenzione, operata da Cristo a vantaggio di tutti, anche se a noi non è dato di poterli verificare immediatamente.
Ogni mattina, Dio crede in noi e ricomincia, effondendo il suo Spirito Santo vivificante, che dilata ed espande i frutti della morte e risurrezione di Cristo in tutto il mondo. Non solo li mantiene vivi, ma li rende fecondi. Questa certezza ci rende forti nelle tribolazioni, nelle nostre fatiche, nelle occupazioni a cui siamo continuamente sottoposti e ci apre a nuova speranza.
La nostra non può essere se non una risposta piena di gratitudine per la fiducia e la stima che il Signore ripone in noi, in ciascuno di noi, testimoni grati delle meraviglie di grazia che Egli compie, attraverso di noi, ma anche senza di noi, e a volte, anche nonostante noi!
Alla luce di queste certezze, la speranza cristiana per noi risulta un obbligo, essa non può venire meno. La speranza è credere che per Dio anche l’impossibile può divenire possibile: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,27).
È la speranza il segno di un amore divino che non si lascia sconfiggere dalla indifferenza, dalla noia, dalla delusione di chi non si attende più nulla di nuovo. Il Figlio del Dio vivente guida il tempo e la storia degli uomini. Egli entra nelle nostre vite e cammina silenzioso con ognuno di noi e opera attraverso di noi.
2. Viviamo il nostro ministero con la forza della speranza?
Il nostro paziente compito, la nostra azione missionaria, consiste per tutti noi nel ridare vita e forza a chi è oppresso o stanco di vivere, stabilire relazioni pacificanti in coloro che sono sopraffatti dalla stanchezza della vita (e sono molti!), facilitando in ognuno la possibilità di aprire le porte a un futuro di speranza.
Sollevare quanti sono oppressi dalla pesantezza di una colpa passata, che blocca le porte a un nuovo futuro: questo è soprattutto per noi presbiteri il nostro ministero della speranza, con cui muovere a vita nuova, riconciliata con Dio e i fratelli, quanti incontriamo ogni giorno, mentre trasmettiamo loro una visione positiva della vita, carica di entusiasmo e piena di fiducia in Dio, Signore della storia.
La speranza ci obbliga tuttavia a camminare a piccoli passi progressivi, ad avanzamenti modesti e graduali. Quanta pazienza i genitori esercitano nei confronti dei loro figli! Quanta delicatezza occorre prestare, da parte di noi presbiteri, per la crescita nelle nostre Comunità di una mentalità sinodale, bloccati come siamo tutti da una forte carica di individualismo! Non ci è chiesto di precorrere i tempi e di scavalcare i limiti del presente. Eppure, Dio ci offre ogni giorno l’opportunità di ricominciare, sempre. Ogni giorno il Signore attende il nostro piccolo “sì” perché attraverso di noi possa operare le sue meraviglie.
La speranza è indicare, sostenere, avviare un passo in più, senza scoraggiarsi. Se viviamo in noi stessi questa dinamica del non arrendersi, anche quando scorgiamo i limiti del nostro operare, faciliteremo il cammino di speranza di tanti nostri fratelli e sorelle, che da noi attendono solo sostegno, conforto e consolazione, anche di fronte alle prove più acute, anche davanti a un lutto impossibile da accettare. Noi possiamo essere espressione dell’amore di Dio, che fa scaturire la gioia e la speranza anche dove sembra irrealizzabile.
Chiamati ad essere custodi dei “segni di speranza” che avvertiamo all’interno delle nostre Comunità.
Per riconoscere i numerosi e variegati segni di speranza che fioriscono attorno a noi, davanti al tanto bene che è presente nel mondo, come pure nel nostro ambiente, nella nostra Comunità cristiana, nelle nostre famiglie, occorre che impariamo a scorgere e valorizzare, innanzitutto, i segni di speranza a cominciare dai singoli germogli di bene che intravvediamo sul terreno nel quale lavoriamo, con la stessa speranza abitata dal contadino. Mentre in un campo di aride zolle, infatti, l’occhio comune non percepisce nulla, lo sguardo dell’agricoltore riesce a intravvedere i germogli che tra poco nasceranno e non dubita che da lì finalmente verranno i frutti, dono del cuore, insieme divino e umano, di Cristo, che brucia di misericordia per tutti noi.
Anche se la storia è gravida di segni di morte, come facilmente constatiamo pure in questi giorni, non mancano attorno a noi eloquenti “segni di risurrezione”, luoghi di riconciliazione, spazi di vera e profonda umanità, gesti di intensa comunione fraterna. E ciò favorisce la possibilità di guardare al futuro con rinnovata speranza, attenti alle imprevedibili sorprese dello Spirito.
La speranza si identifica così con la Vita eterna come nostra felicità, compimento di tutte le speranze umane, promessa a chi crede e partecipa alla morte e risurrezione di Gesù, che ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra (Mt 18,28).
Come ci ricorda papa Francesco nella bolla di indizione di questo Giubileo: “La storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della storia. Viviamo quindi nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui” (19). La morte non ha per i credenti l’ultima parola, essa è stata definitivamente sconfitta. Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza è già incominciata. La risurrezione del Signore illumina e rischiara le zone buie del nostro mondo e in noi accende la speranza di una vita piena, al di là della morte, senza fine. “Il giudizio di Dio, che è amore, non potrà che basarsi sull’amore, in special modo su quanto lo avremo o meno praticato nei riguardi dei più bisognosi, nei quali Cristo, il Giudice stesso, è presente” (SnC 22).
Con questa consapevolezza andiamo incontro con tanta speranza al futuro che Dio ci prepara!